domenica 28 aprile 2013

La meravigliosa esperienza dei World Press Photo Award Days

Questo seguente è il post che scrissi sul mio profilo facebook venerdì scorso sera tornando dalla meravigliosa esperienza delle prime due giornate dei World Press Photo Awards Days raccontando le sensazioni bellissime delle ore precedenti:


Meravigliose giornate, meravigliosa esperienza ieri ed oggi assistere agli eventi dei WORLD PRESS PHOTO awards days, un esperienza bellissima per tanti versi,
Giornate al contempo di grande importanza per ciò che ne ho imparato, dallo scambio di pensieri ed opinioni con i fotografi, che innanzitutto si raccontavano, agli incontri, alle chiacchierate con cui raccontavano il grande lavoro che è alle spalle dei loro lavori, ai confronti, e sopratutto di grande bellezza artistica e grande emotività per i temi e specialmente la profondità di tantissimi lavori presentati.

Un esperienza magnifica per tanti aspetti che quasi faccio difficoltà a trovare le parole per descriverne la bellezza e l'importanza.

Decine e decine di fotogiornalisti di diverse generazioni e diverse nazionalità, provenienti da ogni angolo del globo o quasi, molti giovanissimi, che vincitori nelle varie sezioni del WPP di quest'anno presentavano i loro lavori, e durante le varie presentazioni oltre che mostrare i lavori raccontavano come e da cosa nascono...
Ognuno con una personale diversa esperienza alle spalle e quindi uno sguardo diverso, ognuno con soggetti diversi ma nell'insieme portavano all'occhio di quella platea le tantissime sfumature di questa umanità di questo tempo, in gran parte in macerie, con grande talento, con lavori di grande tecnica e grossa bellezza, di grande profondità, ed una forte emotività nella gran parte delle foto presentate.

Primariamente mostravano, scavando nell'animo dello spettatore, i tanti conflitti di questo tempo, la grossa violenza di cui è denso questo tempo, le tante guerre ricordate e spesso dimenticate dai media generalisti e le loro conseguenze nel post, le drammatiche condizioni di vita di tanti paesi e le loro condizioni sociali ed economiche.
Moltissimi di quei lavori fotogiornalistici afferrano lo sguardo dello spettatore e ne penetrano e scavano nell'animo...
Quelle immagini parlano, raccontano da sè....

Spesso un immagine ha un potere narrativo molto maggiore delle parole,
In queste ore lì è stato come leggere tantissimi diversi racconti in un breve lasso di tempo lasciandosi trasportare in un bellissimo viaggio di grande emotività e grosso valore artistico e giornalistico attraverso tante diverse aree del nostro mondo, tante diverse culture, e spesso tanti diversi mali di questa umanità..

Che grandissimo fascino che provo verso la fotografia che racconta, pensavo nella pausa pranzo venerdì, tanti di quei lavori in pochi minuti afferravano l'animo dello spettatore e ne trascinavano lo sguardo attraverso un viaggio emotivo nelle diverse culture vicine e lontane da noi, le condizioni di vita di territori assediati da violenza, guerre, e condizioni di vita drammatiche socialmente ed economicamente.

In tanti di quei lavori vi ho trovato quella che credo dovrebbe essere la bussola e l'essenza del giornalismo e cioè la sua utilità sociale, quei lavori per dirla con un termine inglese che trovo perfetto per il caso sono 'useful', sono utili, nel senso che sono fatti con uno sguardo che focalizza sul sociale e guarda anche ad un possibile fine di scintilla di riflessione e quindi poi cambiamento che quel lavoro giornalistico possa portare. Raccontare, mostrare, aprire gli occhi verso qualcosa cui troppo spesso siamo portati ad essere ciechi, e questo credo sia la bellezza ed importanza maggiore di questo tipo di giornalismo.

In quell'edificio respiravo un aria densa di forte passione ed era la cosa piu' bella secondo me, che penso sia il perno della bellezza della gran parte di quei lavori.

Giornalismo di strada, e che spesso nasce strada facendo, non partendo originariamente da una specifica idea o progetto nel merito, che 'guarda negli occhi', che porta innanzitutto dei lati d'umanità, oltre che raccontare storie per aprire gli occhi, scavare nel pubblico, portarlo a riflettere ed interrogarsi verso mondi lontani e così vicini, verso cui troppo spesso chiudiamo gli occhi per dimenticare il troppo nero, giornalismo di quelli di cui, penso, quest'oggi non siamo affatto colmi ma anzi è raro trovarne esempi, ed è qualcosa di cui questo tempo ha gran bisogno.
ah!, what WRONG sensations pensavo camminando verso la bici per tornare a casa.

I'll never forgot all the images, words, stories, emotions, thanks you and many congratulations to the WPP 2013 photojournalist winners...
Meravigliosa esperienza che mi porto dentro e mai dimenticherò, al prossimo anno... ai prossimi anni...


What Wrong and beautiful world, What Wrong and beautiful World...
How is possible.. How is possible... That we are so blind.. How is possible.. Che mondo così sbagliato e così bello, Com'è possibile che siamo così tanto ciechi..
Questo mi dicevo tra una presentazione e l'altra, questo avevo dentro, questo avrei voluto urlare al di fuori di quell'edificio,
Quanto non vediamo nascosto dai veli del'odierna superficiale realtà.. Quanto siamo ciechi..
Quanta drammaticità al contempo così lontana e vicina, eppure troppo spesso verso tutto ciò siamo ciechi, così tanta e così ciechi,
Comè è stato possibile, dove siamo arrivati, quando ci sveglieremo, quando inizieremo a guardare bene a questi tanti lati di questa così tanto sbagliata realtà che abbiamo costruito...
Ma sopratutto quanta bellezza nel male...
I'll never forgot the images, the word, the story, the emotions of any of those work scrissi sulla mia agenda sabato sera come sensazione finale circa queste bellissime giornate...
I'll never forgot, mai dimenticherò qualsiasi di queste immagini, storie, emozioni, parole vostre avrei voluto dire ad ognuno dei fotografi lì.

Quanto al contempo male e bene, quanti lati Wrong, ma al contempo in quelli tanta bellezza, come ad esempio le foto dei volti in guerra al contempo atroci ma volti bellissimi pieni di luce e sorridenti, e sopratutto pieni di bellezza vera, quella che vedo così forte in quei territori martoriati, in condizioni di vita difficili, e così lontana dai volti stressati di questo mondo occidentale che si spegne in città accese di nulla, che piu' che città son centri commerciali con vie ricoperte piu' di brand che anima.

sabato 27 aprile 2013

WPP 2013: Alma, una storia lontana fuori la porta di casa

'Mi addolorava molto, ma alla fine l'ho fatto! Per sentirmi una donna forte dinanzi gli altri del gruppo ed entrare nella gang' Lo sguardo ed il tono della voce arrivano nello spettatore e gli scavano dentro ancor prima delle parole. La ragazza parla faccia a faccia allo spettatore, la telecamera in una camera nera focalizza sul volto, la faccia, lo sguardo della ragazza, e la voce lenta ed a tratti commossa ma dirompente è una bomba nell'animo di chi lo guarda e si trova come se la ragazza gli fosse dinanzi e gli stesse parlando, raccontandogli, guardandolo dritto negli occhi, la sua vita, al contempo vittima e carnefice.
La ragazza è Alma, ventenne di città del Guatemala, ma mentre guardo questo bellissimo e struggente documentario, penso, potrebbe perfettamente essere la storia, la vita, il volto, lo sguardo, la voce, le mani di tanti ragazzi e ragazze della mia terra e di tanti altri quartieri 'difficili', tante altre periferie dall'Europa nostrana all'America a tanti altri angoli di questo mondo Inumano.
Alma è una storia al contempo personale e universale, esemplare di generazioni cresciute nel nulla, cresciuta in un una terra in cui attorno a sè è immersa in un mare di solo povertà, violenze, degrado sociale, assenza di leggi e diritti,, uno stato dinanzi ciò totalmente assente, una famiglia in uno stato di forte povertà, ed appena adolescente in questo vuoto si ritrova a volersi sentire qualcuno entrando a far parte di una delle gang piu' violente della città.
Per 5 anni Alma commette brutali crimini, uccide e si uccide, all'apice della sua vita violenta si guarda allo specchio, vede dove l'ha portata la violenza, vede quanto male abbia fatto e si sia fatta e decide di prendere la via del riscatto.
Ma la porta della gang non è scorrevole e così quando comunica di voler cambiare vita ed uscire dalla gang i suoi compagni la sentenziano a morte, le sparano, ma lei sopravvive ai proiettili, ma resterà su una sedia a rotelle a vita, ed oggi a 27 anni si racconta 'nella vita paghiamo sempre un prezzo per quel che facciamo, questo è il mio, ho capito troppo tardi il male che ho fatto, ho deciso di voler raccontare la mia storia affinchè altri ragazzi e ragazze nella mia situazione possano capire prima ciò che io non capii in tempo, possano capire dove porta questa vita di strada e scegliere in tempo la strada giusta salvandosi, se questo racconto possa servire a salvarne anche solo uno ne sarò felice'.
Nel documentario Alma racconta faccia a faccia la sua vita, come è entrata a far parte della gang, le brutali attività criminali svolte in quegli anni, i rapporti con la polizia ed il carcere e la società attorno, le sue sensazioni, il suo guardarsi allo specchio ed il rendersi conto del male fatto ed infine il suo riscatto.

Un documentario che definirei innanzitutto umano, di quell'umanità che spesso il giornalismo dimentica ed invece hanno portato in sala in modo esemplare e grandioso Miquel Dewever Plana e Isabel Fougere, un fotoreporter ed una giornalista francesi.
Un documentario meraviglioso, profondo, commovente, che scava nell'animo dello spettatore e lo porta come raramente fa il giornalismo a riflettere, a guardare innanzitutto alla persona, all'aspetto umano, ed al contempo a come una società malata crea mostri.

Oggi i prodotti giornalistici che raccontano di criminalità sono tantissimi, di tutti i generi, ne siamo assediati, ma il racconto pone troppo spesso lo sguardo solo verso le conseguenze dell'azione criminale e quasi mai porta a a pensare alla persona, ai suoi pensieri, sensazioni, al suo animo, e chiedersi Cos'ha fatto di quella persona un criminale, quali sono le sensazioni di quella persona, e quali sono le colpe di questa società, come ha fatto di quei ragazzi e ragazze dei mostri con i suoi vuoti e le sue mancanze.

Questo meraviglioso lavoro giornalistico di Miquel ed Isabel secondo me incarna l'essenza del giornalismo poichè racconta una storia al contempo personale ed universale, esemplare, in cui una generazione in diversi angoli del globo può rispecchiarsi, con un punto di vista che accentra la persona e l'animo, densa d'umanità.
Penso che il modo in cui è stata raccontata la storia, faccia a faccia, è bellissimo ed esemplare e penso che questo tempo abbia gran bisogno di recuperare in gran quantità questo giornalismo che innanzitutto racconta guardando negli occhi, denso d'umanità, e che si pone un fine d'utilità sociale, penso che questa sia la bussola  ed essenza del giornalismo: che guardi negli occhi, porti il lato umano di una tematica, nasca strada facendo, faccia pensare, sia 'useful'.

Durante la visione di questo commovente documentario guardando Alma innanzitutto restavo molto colpiti dall'enorme parallelismo immediato che mi veniva in mente tra le parole di Alma e quelle di tanti vissuti, storie, racconti ascoltati negli anni scorsi nella mia terra.

In un bellissimo incontro dopo la visione dell'opera proiettata oggi ad Amsterdam in occasione del primo dei giorni di premiazione del World Press Photo 2013 di cui 'A tale of violence' è vincitrice del primo premio nella sezione web documentari, Miquel mi racconta di essere stato per la prima volta nel paese del centro america quasi 30 anni fa, nell'84, documentando da fotoreporter la guerra civile nel paese, ci è ritornato molto spesso negli anni ed ha imparato ad amare quel paese e quel popolo, negli anni duemila ritornandoci vedeva cambiare in male il paese che ama, assediato dalla violenza, ed allora si disse ''questo è il paese che amo ma non nella via che sta cambiando, sta prendendo una brutta strada e voglio e devo far qualcosa, il mio documentario è per me un gesto d'amore verso quel paese'.
E' un lavoro giornalistico che vuole innanzitutto essere utile, mi racconta Miquel, a tanti ragazzi e ragazze della generazione a rischio, specchio di Alma, che li aiuti a riflettere, specchiarsi, e scegliere bene per la propria vita.
'Alma potrei essere io, tu, lei e tanti altri presenti ora qui in questa sala se fossi nato lì, in quelle sue condizioni sociali.'
Miquel ed Isabel con il loro lavoro giornalistico che penso sia di grande valore sia tecnico che letterario per la storia che portano sullo schermo ed il modo in cui la portano, sono riusciti a raccontare la storia in modo profondo e struggente trasmettendo con grande forza il lato umano della persona criminale al contempo vittima e carnefice.


Quando alla fine della serata con gran piacere ho conversato con loro ho scoperto due bellissime persone prima ancora che due grandiosi giornalisti, di quelli di cui questa società ha tanto bisogno in quantità maggiori, penso, un incontro di quelli rari, di cui mi sono sentito molto fortunato e farò tesoro non dimenticando mai le loro parole sul giornalismo, per me preziose ed essenziali, rincasavo questa sera pedalando pensando che dinanzi certi incontri ci si può dire solo fortunati.
 Due persone grandiose, in cui ho visto innanzitutto una forte passione, per il giornalismo di quello di vecchia scuola come lo definisce Isabel, quello che sta in strada notte e giorno, che le storie le vede, vive, e poi racconta, quella vecchia scuola che nel tempo si è persa affossata da giornalisti impiegati, chiusi negli uffici, e che andrebbe tanto ritrovata.
Un lavoro il giornalista, che richiede oltre che passione e voglia di raccontare innanzitutto un grande coraggio, pazienza, tenacia e voglia di lottare, è una lotta continua mi dice Isabel, ma questa società e sopratutto il tuo paese ha gran bisogno di giovani appassionati con sguardo profondo che abbiano grande voglia di raccontare.

Un lavoro grandioso, di grande significato ed importanza ed al contempo nato strada facendo mi raccontavano, il progetto era inizialmente di raccontare le violenze delle gang del paese del centro america, le condizioni sociali di quei quartieri, poi durante gli ultimi tre anni di permanenza in Guatemala Miquel incontra Alma, le strade si incrociano, e così nasce assieme l'idea di raccontare in prima persona faccia a faccia la storia di Alma, e così nasce questo meraviglioso e struggente documentario.
Grande passione, lavoro giornalistico che nasce strada facendo e focalizza lo sguardo innanzitutto cercando di trasmettere il lato umano del racconto ed avendo un utilità sociale cercando di far riflettere il pubblico cui si rivolge ed al contempo mostrando innanzitutto La persona, un racconto denso d'umanità, con giornalisti mossi da grande passione e scarpe consumate dall'aver camminato le strade del mondo ed aperto in esse il loro sguardo profondo ed appassionato mentre li ascoltavo tra me e me sorridevo e pensavo
 ah what WRONG sensations!

P.s. Alma: A tale of violence è un web documentario visibile on line sul sito Alma.arte.tv e scaricabile dallo stesso sito come app per smartphone android o Mac ed anche in versione offline per tablet, rilasciato il primo novembre 2012.

lunedì 15 aprile 2013

I hate the heatred, reflections after visited the Anne Frank house

'I hate the heatred', that I thought this evening coming out the Anne Frank House, now museum, felt as in a vortex of thoughts.
Too many people crowd the building this saturday evening,too many guys and girls, children and families, of many different age and nationality, I was looking around me, different generations and nationalities but one think linked all: the look.
Moved, emotioned, glacial, fixed, lucid looks, ful of sentiments,suffering and questions, looks in which i was reading the same questions that linked me and others: Why? Why Why?
How was it possible, How does the man did, demolished by the heatred, to create that absurd idiotic crudel thing.
An old, small, building on the Prinsengracht, one of the main canal of Amsterdam, that Otto, Anne's father, bought to use it as his factory headquarters, as was arrived in Amsterdam the nazist occupation, Frank family left their house and went in the canal building, that its attich became the well known secret shelter where the young Anne lived and wrote his diary, writing her days, sensations, considerations in the couple of years spent hidden to avoid the nazists.
It starts from the ground floor and going up until the attic, the secret shelter, through one by one all the areas of the building, the storage room, the offices and the various rooms.
Room by room, slow going, lucid looks and loud sighs.
Room by room, you can read and touch Anne's sensations, emotions, difficulties, fears, and hopes.
A series of  relevants sentence wrote by Anne on her diary and others are on all the rooms and they gives Anne's soul image at the visitor.
During all the visit from the first to the last one room, from the ground floor to the attic from the beginning to the end, it is a long sequence of emotioned looks and louding sighs.
I was in a vortex of sensations, that's for me difficult to find the right words to describe it.
The history all of us known, it was tought to us from the first to every years of school.
Often we got it in a wrong way, as just notions.
Walking within Anne’s house, whos life ends due to that  absurd and crazy cruelty, the history books words get shape, you can touch it, you can smell it, you can fell it as yours, it became emotions, sensations, going in that house, you come in the daily life, listening that storytellings, reading that sentences, seeing that images you can identify yourself and so that images, sentences, lifes get shape, became yours and in you mind so many toughts, so many ‘why’ crowd.
Why the human being can reach that cruelty, such big, such absurd, such crazy.
And when I was leaving the house I was thinking to the many today divisions, of this humanity that had lost any ‘humanitas’.
Yellow, black, White, American, European, Middle Eastern, Muslim, Christian, Gay, straight or whatever, always we are living with that ‘how he is’, ‘how I’m’, ‘how they are‘’, always looking at the diversity and not the affinity, always we look to that ‘them’ and forget the ‘us’, always looking for the black in the diversity and not, how I think should be, the beauty.
When, I ask myself, we’ll understand this big  mistake of this wrong time, and we gonna look each other just as Women and men, over any different birth place, religious faith, or sexual preference or look.
We should learned, a lot, from the history, we should learn what the hate bring us to, how pain it brought already, we should learn a lot, and instead if we look today reality filled up of heat and racism, I think we have got just not much wish to read the history well and we don’t learn what we should, as Anne’s father wrote: to build a future we have to know the past.
The other enquiry I’ve got in my mind is what the heat bring to, thinking to how many today absurd massacres
I think to how many guys massacred absurdly just because marked as ‘different’, the last one just few days ago in my city, in that society even more technological improved and human regreded.
Different in the way to dress, to look, to love, to religious belief, different, we can always find something different each other, something why the other one in front of us is different for, that I think it’s the really beauty of the humanity, and for some absurd illogical reasons it became hate cause, and so many times massacre.
I walked to the cycle and in my mind the question goes: what the hate bring to, just and always to humanities walls.
‘Sooner or later that horrible war will end and we will come back to be just men and women not just Jewish’, that ‘s the first sentence that welcome the visitor, one of the sentence Anne wrote on her journal, she loved writing,  Anne, she want to be a journalist and time by time established herself as a writer, as she wrote on her journal, who knows if that august ’44 she didn’t die what she would write today, old and established journalist that already from the young age shown a deep gaze and a struggle pen, about the many today modern racism, heats the divisions in which this society is flooding, about the too many today still compelled to hide theirselves.

Io odio l'odio, sensazioni nel visitare la casa di Anne Frank

'Io odio l'odio', questo pensavo quest'oggi in un vortice di pensieri ed emozioni uscendo da la casa di Anne Frank.
Tante persone affollavano quell'edificio questo sabato sera, tanti ragazzi e ragazze, adolescenti, bambini e famiglie provenienti dai paesi piu' diversi, mi guardavo attorno, generazioni e nazionalità diverse ma una costante univa tutti: lo sguardo.
Sguardi commossi, emozionati, fissi, pensanti, glaciali, lucidi, sguardi pieni di commozione, emozioni, dolore, ed interrogativi, sguardi in cui leggevo gli stessi interrogativi che accomunavano me e tanti: perchè, perchè perchè...
Come è stato possibile, come ha fatto l'uomo distrutto dall'odio a creare una tale bestialità, un massacro così assurdo.
Un vecchio piccolo edificio tra i tanti, su uno dei canali piu' noti e centrali di Amsterdam, Prinsengracht, che il padre di Anne, Otto, comprò per usarlo come sede della sua ditta di conserve alimentari, con l'arrivo dell'occupazione nazista in Olanda, la famiglia Frank lasciò casa propria e si trasferì nell'edificio sul canale, il cui atticò divenne il famoso rifugio segreto nel quale la giovanissima Anne scrisse il suo Diario scrivendoci le sue giornate, sensazioni, e pensieri nel paio d'anni trascorsi nascosti per sfuggire alla follia nazista.

Si parte dal piano terra e sale pian piano sino l'attico, passando una ad una tutte le aree dell'edificio, dal magazzino, agli uffici vari, alle stanze.
Stanza dopo stanza, a passi lenti, Sguardi lucidi e da colonna sonora una serie di sospiri.
Stanza dopo stanza si leggono e toccano le sensazioni, le emozioni, le riflessioni, le difficoltà, le paure e le speranze della giovane Anne.

Una serie di frasi di rilievo che danno immagine dell'animo della giovane Anne sono scritte sulle pareti e video esplicativi accompagnano il visitatore, e aiutano nel contestualizzare appropriatamente la vita di quella famiglia in quell'edificio in quegli anni.

Lungo tutta la visita dalla prima all'ultima stanza, dal piano terra sino l'attico, dall'inizio alla fine è un lungo susseguirsi di sguardi fissi e lucidi e sospiri rombanti.
Mi ritrovo in un vortice di sensazioni difficile da descrivere.
La storia la conosciamo tutti ,chi meglio chi peggio, ci viene insegnata sin da bambini ogni anno di scuola.
Ma la prendiamo spesso, penso, come nozioni storiche fini a sè stesse, sbagliando.
Camminando nella casa di quell'adolescente che ha vissuto quell'orrore, la cui vita cambiò, degenerò e finì per mano di quell'assurda e folle bestialità umana, le parole delle pagine di storia prendono forma, diventano realtà, le tocchi, annusi, senti tue, diventano emozioni, sensazioni, entrando nella casa, entri nella vita quotidiana, sentendo quei racconti, leggendo quelle frasi, vedendo quelle immagini ti ci identifichi e così quelle immagini, frasi, vissuti prendono forma, diventano propri e nella mente si affollano tante riflessioni, tanti perchè...
Perchè l'uomo può arrivare nell'odio a far del male così tanto ed in modo così assurdo.
Ed il pensiero uscendo da quell'edificio corre anche alle tante odierne divisioni, di quest'umanità che ha perso humanitas.

Gialli, neri, bianchi, Americani, Europei, mediorientali, mussulmani, cristiani, gay, etero, e chi piu' ne ha piu' ne metta, sempre con quel com'è lui, come sono loro, come sono io, sempre a guardare alle diversità e non le affinità, sempre a quel loro e dimentichiamo quel Noi, sempre a trovare oscurità nelle diversità e non, come penso dovrebbe essere, bellezza.
Quand'è mi chiedo che capiremo il grosso errore e ci guarderemo semplicemente come Uomini e Donne al di la di qualsiasi luogo di nascita o credo religioso o tendenza sessuale o modo di vestirsi.
Avremmo dovuto imparare, si, tanto, dalla storia, avremmo dovuto imparare a cosa porta l'odio, a quanto male ha portato, avremmo dovuto imparare si, tanto, ed invece a guardare alla realtà odierna condita di odi e razzismo, penso che abbiamo avuto proprio poca voglia di leggere la storia o almeno l'abbiamo letta molto male e non ne abbiamo imparato nulla, scriveva il padre di Anne: per costruire un futuro bisogna conoscere il passato.

L'altro interrogativo che mi passa per la mente è a cosa porta l'odio, pensando agli assurdi massacri odierni.
E come non pensare ai ragazzi sempre piu' frequentemente massacrati per nulla, perchè 'diversi', l'ultimo proprio solo qualche giorno fa nella mia città, in questa società sempre piu' progredita tecnologicamente ma regredita intellettivamente,
Diversi nel vestire, nell'amare, nel credo religioso, diversi, si può sempre trovare qualcosa per cui chi si ha di fronte è diverso da noi, è il bello dell'umanità direi eppure per qualche decelebrato è motivo di odio, e spesso massacro.

Cammino verso la bici e l'interrogativo si gira nella testa: A cosa porta l'odio..solo ed in qualsiasi caso a stupidi muri d'umanità.
'Prima o poi questa terribile guerra finirà e torneremo ad essere uomini e non soltanto ebrei', è la prima delle frasi che accolgono il visitatore, una delle frasi scritte da Anne sul suo diario, amava scrivere, raccontare, Anne, da grande voleva fare la giornalista e poi nel tempo affermarsi come scrittrice scrisse nel suo diario, chissà se quell'agosto '44 fosse sopravvissuta alla follia del nazismo cos'avrebbe scritto oggi, anziana ed affermata giornalista che già da adolescente mostrava profondità di sguardo ed una penna struggente, chissà cos'avrebbe scritto dei tanti, troppi, moderni razzismi, degli odi e delle divisioni di cui tracima quest'odierna società, dei tanti ancora costretti a nascondersi.